2014 Comunicati  03 / 03 / 2014

Terra Santa: il “divide et impera” della Knesset

Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 26/14 del 3 marzo 2014, Santa Cunegonda

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“Divide et impera”: la nuova legge israeliana che separa i cristiani arabi dai musulmani

Gerusalemme (AsiaNews) – Una nuova legge che prevede differenti rappresentanze cristiane e musulmane fra gli arabi israeliani è accusata di razzismo da ebrei e palestinesi.

Il 24 febbraio, la Knesset ha votato a maggioranza una legge di poca importanza: l’ampliamento dei rappresentanti nel consiglio per le pari opportunità di impiego. Con la legge si passa da cinque a 10 rappresentanti, suddivisi fra cristiani, musulmani, drusi e circassi.

Alcuni parlamentari hanno subito squalificato la legge come “inutile”: l’impegno della società per offrire posti di lavoro è rivolto in generale agli arabi, non in modo specifico a cristiani o musulmani.

Ma ad accendere gli animi sono state soprattutto alcune dichiarazioni dello sponsor della legge, Yariv Levin, deputato del Likud. Intervistato dal giornale Maariv alcune settimane prima, egli ha spiegato che lo scopo della legge è “garantire una rappresentanza separata e un trattamento separato alla comunità cristiana, per distinguerla in tal modo dai musulmani arabi”. E ha aggiunto: “Questo è un importante passo storico che potrebbe aiutare l’equilibrio nello Stato d’Israele, e collegarci ai cristiani, e ci tengo a non chiamarli arabi perché essi non sono arabi”. “Noi – ha spiegato – abbiamo molto in comune con i cristiani. Essi sono i nostri alleati naturali, un contrappeso dei musulmani che vogliono distruggere il Paese dall’interno”.

Gli arabi israeliani sono discendenti dei 160mila palestinesi rimasti nel territorio che nel 1948 è divenuto lo Stato d’Israele. Al presente essi sono circa 1,3 milioni, il 20% della popolazione totale (7,9 milioni). Essi hanno cittadinanza piena e diritto di voto, anche se lamentano spesso una certa emarginazione nella società, soprattutto nel mondo del lavoro.

La legge varata due giorni fa è vista come un cuneo che tende a dividere la popolazione di origine palestinese in base alla religione e ad opporre cristiani e musulmani, facendo dei primi degli “alleati” dello Stato di Israele.

Issawi Freiji, del partito Meretz ha bollato la legge come “un tentativo di definire lo Stato secondo la religione”, andando contro al concetto di cittadinanza, che non fa distinzioni di colore, genere o religione.
Jamal Zahalka, capo del partito Balad, ha attaccato in modo diretto lo sponsor della legge: “Levin è interessato a dividere in modo crudele la popolazione araba… Noi non saremo i suoi lacché”.

Hanan Ashrawi, dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), ha dichiarato che “questa legge vuole creare una nuova realtà in mezzo al nostro popolo, basata sulla religione e non sull’identità nazionale”.

Fra tutte le posizioni, spiccano le affermazioni di un editoriale riportato oggi su Haaretz, che accusa la legge di razzismo, dividendo la società fra “buoni arabi” (i cristiani) e “cattivi arabi” (i musulmani). “Tale distinzione mira a far scoppiare conflitti fra le minoranze, in uno stile di divide-et-impera che va contro gli accordi internazionali firmati da Israele”.

Fonti cristiane a Gerusalemme fanno notare ad AsiaNews che in sé la legge non porta alcun cambiamento sostanziale, dato che “i cristiani rimangono arabi per etnia e tradizione”. Ma vi è il timore diffuso che grazie all’operato della Knesset, siano proprio i musulmani palestinesi a guardare i cristiani come “nemici” e come “alleati” dello Stato israeliano.

A questo contribuisce anche una decisa campagna – sostenuta dal premier Benjamin Netanyahu – ad arruolare nelle file dell’esercito israeliano sempre più cristiani, mentre i musulmani arabi rimangono esclusi. (…)

Asianews