2014 Comunicati  27 / 02 / 2014

Mons. Umberto Benigni: intervista a don Francesco Ricossa

Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza

Comunicato n. 25/14 del 27 febbraio 2014, San Gabriele dell’Addolorata

 

ubIn occasione dell’80° anniversario della morte di Mons. Umberto Benigni (Perugia, 30/3/1862 – Roma, 27/2/1934), sabato 1° marzo l’Istituto Mater Boni Consilii organizza a Roma una conferenza di don Francesco Ricossa, superiore dell’Istituto e direttore della rivista Sodalitum, che si terrà al Pick Center, in via Boezio 6 (Prati). Il giorno seguente, domenica 2 marzo, don Ricossa celebrerà all’oratorio San Gregorio VII, in Via Pietro della Valle 13/b alle ore 11 una S. Messa in suffragio dell’anima di Mons. Benigni. (Link)

 

Il Centro Studi Federici ha rivolto alcune domande a don Francesco Ricossa sulla figura e sull’opera di Mons. Benigni.

Reverendo, il 27 febbraio 2014 ricorre l’80° anniversario della morte di Mons. Umberto Benigni, deceduto a Roma nel 1934. Può illustrarne brevemente la figura ai nostri lettori?
Quella di Mons. Benigni è una figura interessantissima e poliedrica. Fu, innanzitutto, sacerdote, entrato in seminario, a Perugia, alla tenera età di 11 anni, ed ebbe sempre del sacerdozio cattolico e della Chiesa Romana altissima opinione. Fu uno storico; non solo, ma un rinnovatore degli studi storici ecclesiastici. Fu docente a livello universitario: insegnò a Roma al Seminario Romano (futura Università Lateranense), al Seminario Vaticano, al Collegio di Propaganda Fide, all’Accademia dei Nobili Ecclesiastici… tra i suoi allievi figurano Pio XII, Giovanni XXIII, numerosi cardinali, anche futuri avversari, come Buonaiuti. Fu giornalista, tutta la vita: direttore di giornali (chiamato per questo, appositamente, da Leone XIII a Roma), di agenzie stampa, di riviste, si muoveva nel mondo della carta stampata come a casa sua, influenzando non solo il mondo cattolico, ma anche la stampa laica. A lui e al suo genio si deve la prima sala stampa vaticana. Fu sociologo, anzi uno dei pionieri della sociologia cattolica, come testimonia la sua opera storica principale che, non a caso, s’intitola “Storia sociale della Chiesa”. Fu militante cattolico ed esperto della dottrina sociale della Chiesa, esponente di primo piano dell’Opera dei Congressi, e poi fondatore del Sodalitium Pianum. Fu uno dei principali esperti della questione ebraica e massonica, in piena sintonia con Leone XIII, che per primo lo chiamò a Roma, avendolo conosciuto quando era alla guida della diocesi di Perugia. Fu uomo di governo e di Curia, svolgendo un ruolo importante nella Segreteria di Stato vaticana, a contatto quindi coi governi e con le autorità politiche dell’epoca. Fu ardente difensore dell’ortodossia cattolica, collaborando con San Pio X nella lotta contro il modernismo e i modernisti, nonché i loro complici e simpatizzanti. A questo fine, fu persino – al servizio della Santa Sede prima, del Ministero degli Esteri e degli Interni poi, della Chiesa e della Verità sempre – un atipico e ardito organizzatore di un discreto e riservato “servizio di informazioni” contro i nemici interni ed esterni. E’ l’attività che più gli è stata rimproverata, ma che egli iniziò fin dal 1906 col la piena approvazione di San Pio X e del Segretario di Stato, il card. Merry del Val. Il bello è che tutte queste personalità coesistevano in un sol uomo, lavoratore accanito, poliglotta dall’esperienza internazionale (viaggiò in Germania, Francia, Stati Uniti, dove collaborò all’Enciclopedia Cattolica), polemista agguerrito, uomo pratico, pragmatico, disincantato, che credeva in Dio ma non credeva nell’uomo. I nemici lo odiavano, chiamandolo Mons. Maligni: a modo loro, gli rendevano onore!

Il 2014 è anche il centenario della morte di San Pio X: quale furono i rapporti tra i due personaggi?
Come ho ricordato nell’editoriale del nostro calendario per l’anno 2014, la morte di San Pio X privò la Chiesa, e in particolare i più fedeli collaboratori del Papa, tra i quali Mons. Benigni, del più solido baluardo contro l’eresia modernista che la minacciava. Mons. Benigni – pur così caustico con gli uomini e disincantato, come detto – nutrì sempre una fedeltà incondizionata a San Pio X, il quale ebbe sempre fiducia in Mons. Benigni. Lo capirono bene i nemici dell’uno e dell’altro. Infatti, quando il processo di canonizzazione di Pio X si avviava a buon fine, gli oppositori obiettarono che Pio X non poteva essere canonizzato proprio a causa dell’appoggio e del sostegno da lui dato a Mons. Benigni e alla sua opera, il Sodalitium Pianum. Mons. Benigni era “il peccato di Pio X”. Per questo Pio XII ordinò un’inchiesta addizionale affidandola al Padre Ferdinando Antonelli (futuro cardinale). Le sue conclusioni, conosciute col nome di Disquisitio, diedero il definitivo “via libera” alla canonizzazione di Pio X, e costituiscono ancor oggi la più autorevole apologia dell’operato di Mons. Benigni, almeno fino alla morte di Pio X. Si può dire che Pio XII, canonizzando Pio X, abbia in un certo senso “canonizzato” anche l’opera dei suoi più fedeli collaboratori, incluso, e non ultimo, Mons. Benigni (che Pio XII, d’altronde, aveva ben conosciuto, e che aveva fedelmente servito quando Mons. Benigni era il suo superiore in Segreteria di Stato).

Mons. Umberto Benigni compose una monumentale “Storia Sociale della Chiesa”: di cosa si tratta?
E’ il lavoro di una vita, interrotto solo dalla morte del suo autore: sette volumi pubblicati dal 1906 al 1933 di Storia della Chiesa. Non una storia qualsiasi, ma una storia “sociale”, che si avvale, nella metodologia, anche dell’apporto di un avversario dichiarato, come Hippolyte Taine (dal quale riprese i coefficienti “razza, ambiente, momento”). Benigni scrive senza peli sulla lingua, e non nasconde le miserie dell’uomo; eppure la sua Storia Sociale è un atto d’amore per la Chiesa, e si prefigge apertamente lo scopo di dare un contributo dottrinale alla restaurazione di tutte le cose in Cristo, secondo il programma di San Pio X, attraverso una duplice restaurazione: quella del “Regno della Chiesa” (la sua vita interna e spirituale) e del suo “Impero” (la sua vita esterna e sociale), e quindi la restaurazione della Cristianità, o civiltà cristiana. Per ogni epoca della Chiesa, Benigni esaminava la vita interna ed esterna della stessa, dal punto di vista della vita politica, etico-giudiziaria ed economica, conformemente ai suoi svariati interessi. Dom Placido Lugano affermò, dopo la pubblicazione del primo volume, che tale opera era sufficiente rendere lustro a un uomo. Un solo rammarico: che non abbia potuto portarla a compimento (dei sette periodi che tratteggiò nel primo volume, ne poté esaminare solo cinque).

Secondo lei per quale motivo nell’area “tradizionalista” Mons. Benigni è quasi sconosciuto, malgrado il ruolo che ebbe nel pontificato di San Pio X?
Buona domanda! Ho più volte raccontato il motivo per il quale scegliemmo il nome di Sodalitium, nel Natale del 1983, per il nostro bollettino (allora della Fraternità San Pio X, a Montalenghe). Volevamo preparare il 70° anniversario della morte di San Pio X, richiamandoci al Sodalitium Pianum di Mons. Benigni. La rivista francese della Fraternità, Fideliter, aveva pubblicato una serie di articoli su San Pio X che – semplice seminarista – avevo giudicato scandalosi: venivano esaltati tanti nemici di San Pio X, che tirarono un sospiro si sollievo alla sua morte, e venivano denigrati i “cattolici integrali” che combatterono con lui il Modernismo. Autorizzato dal mio confessore, scrissi uno studio critico che impressionò il direttore della rivista, ma che mi guadagnò anche l’ostilità dell’autore degli articoli, e quindi anche la mia susseguente espulsione dal seminario… Se rievoco fatti così personali e lontani, è per spiegare appunto come persino in una congregazione antimodernista che si poneva sotto il patronato di San Pio X, Mons. Benigni fosse ancora, almeno per molti, vittima della sua “leggenda nera”. Mons. Lefebvre, migliore in questo di tanti suoi discepoli, aveva in verità stima per alcuni “cattolici integrali”, ma si riferiva soprattutto ai francesi, come l’abbé Barbier. L’unico autore francese, che mi ricordi, ad aver mantenuto una certa qual memoria del Sodalitium, non mediata dalla RISS (Revue Internationale des Sociétés Secrètes, diretta da mons. Jouin), come l’abbé Dulac, fu Philippe Ploncard d’Assac, un laico. Per il resto, già durante la sua vita, Mons. Benigni era caduto in disgrazia – almeno in pubblico – negli ambienti cattolici, come lo dimostra il fatto che due soli sacerdoti assistettero ai suoi funerali. Dopo la campagna denigratoria orchestrata dai modernisti e da loro complici (in particolare gli ambienti democristiani tedeschi, il governo francese, la Compagnia di Gesù, tramite il suppliziano Mourret, il cardinal Gasparri) che portò allo scioglimento del Sodalitium nel 1921, Mons. Benigni fu colpito da una vera “damnatio memoriae”: l’ “integrismo”, specie in Francia, e anche prima del Concilio, era diventato una specie di male assolto al punto che – prima della Disquisitio voluta da Pio XII, anche gli avversari del progressismo e della nouvelle théologie si dissociavano dall’ “integrismo”. La canonizzazione di Pio X, la Disquisitio, gli studi imparziali di Emile Poulat (non certo “integrista”, anzi!) avrebbero potuto portare a una riscoperta del pensiero dei cattolici integrali sotto Pio X. Ma fu un periodo troppo breve, spazzato via dalla rivoluzione conciliare. E i pochi avversari del Vaticano II, l’area “tradizionalista” appunto, fu dominata soprattutto dalla figura di Mons. Lefebvre, più legata, dal punto di vista politico, all’esperienza dell’Action Française.

Un’ultima domanda: c’è ancora spazio per il programma del Sodalitium Pianum ai giorni nostri? Non è forse inadeguato a fronteggiare i problemi della nostra epoca?
Mons. Benigni fu un uomo estremamente moderno, e la sua modernità si manifesta anche nel fatto che ancor oggi, a distanza di un secolo, il programma del Sodalitium Pianum è ancora di attualità sia nello stile che nei contenuti. Per questo, lo facciamo nostro, dalla prima all’ultima riga. Ciò facendo siamo sicuri di seguire la dottrina e le direttive della Chiesa, giacché il programma del Sodalitium Pianum, come fa notare la Disquisitio, fu approvato ripetutamente da San Pio X e dalla Santa Sede. Particolarmente efficace risulta a mio parere l’antitesi “per” – “contro” con la quale Mons. Benigni strutturò il programma del SP. Il militante integralmente cattolico è, prima di tutto, “per”, e quindi, solo secondariamente ma necessariamente, è “contro”. Molti si lasciano ingannare, facendosi coinvolgere in ambigue e innaturali alleanze col nemico, per combattere avversari comuni: ma se il nostro programma consiste in primis nella difesa della Verità, queste false alleanze si riveleranno subito impossibili. D’altra parte, però, sarebbe illusorio e ingannevole anche il difendere la Verità senza voler combattere ed estirpare l’errore. Anche per questo il programma del SP è ancora attuale, sia quanto alla dottrina (che non può cambiare) sia quanto alla sua pratica attuazione.

L’immagine è tratta da: The Catholic Encyclopedia and its Makers, New York, The Encyclopedia Press, 1917.