2012 Comunicati  05 / 12 / 2012

La cultura della vita più forte della cultura della morte

Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 107/12 del 7 dicembre 2012, Sant’Ambrogio

La cultura della vita più forte della cultura della morte

In stato vegetativo da dodici anni dicevano che “non sente nulla”. Ma ora Scott “ha dimostrato di essere cosciente”

I manuali di medicina dovranno essere riscritti». Sono le parole di Bryan Young, neurologo presso l’ospedale dell’Università di Londra, dopo aver scoperto che un suo paziente in stato vegetativo è riuscito a dire di non soffrire.

«SA CHI E’ E DOVE SI TROVA». Young seguiva da un decennio Scott Routley, il paziente di 39 anni in stato vegetativo da 12. Per tutti questi anni le diagnosi del medico erano sempre le stesse: «Routley non sente nulla». Contrari solo i genitori e i parenti dell’uomo che, notando il movimento della lingua e degli occhi, avevano sempre sostenuto che quello era il suo modo di comunicare. Lo staff medico, però, aveva pensato si trattasse dell’ostinazione disperata di chi non accetta la malattia. Finché Adrian Owen, neuro-scienziato presso l’università di Western Ontario, ha esaminato l’uomo con una macchina per la risonanza magnetica funzionale, dichiarando che «Scott ha dimostrato di essere cosciente». Owen ha spiegato che «esaminando parecchie volte il paziente la sua attività celebrale ha mostrato chiaramente che lui sceglie di rispondere alle domande. Siamo convinti che lui sappia chi è e dove si trova». Di più, se Routley ha detto persino di non soffrire.

NON E’ UN’ECCEZIONE. Sempre il neurologo Young ha commentato i risultati dello screening così: «Sono rimasto impressionato e meravigliato dalle risposte cognitive che ha dato. Lui è un paziente con il quadro clinico tipico di coloro che sono definiti pazienti in stato vegetativo: i libri di testo dovranno essere aggiornati includendo le tecniche del professor Owen». In effetti l’episodio non è isolato e non si può dunque parlare di eccezione. Il team del professor Owen ha seguito diversi pazienti in stato vegetativo e di “minima coscienza” per più di un anno facendo altre scoperte: oltre a Routley anche Steven Graham, un paziente in stato vegetativo, ha mostrato di avere memoria di fatti avvenuti dopo la lesione celebrale seguita a un incidente di cinque anni fa, rispondendo di sì alla domanda se sua sorella avesse una figlia (sua nipote era nata dopo l’incidente); un altro paziente, con diagnosi parziale di stato vegetativo, ha manifestato una certa coscienza di sé.

COVINZIONI RIBALTATE. «Gli esiti degli esami precedenti – come ha ricordato Young – sono stati ribaltati». E i nuovi studi, ha ripetuto Owen, «costringono a rimettere in discussione il modo di trattare questi pazienti, come quello di relazionarci a loro e quello in cui li accudiamo, li laviamo e li nutriamo».

Fonte: Tempi

Segnalazione (clicca qui)