Intervista al sindaco di Betlemme
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 60/25 del 25 settembre 2025, San Cleofa
Intervista al sindaco di Betlemme
Segnaliamo un’intervista all’attuale sindaco di Betlemme, che ricorda il dramma che sta attraversando la popolazione cristiana della città.
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Betlemme e i cristiani sotto pressione
(…) Maher Nicola Canawati tratteggia un quadro drammatico della vita a Betlemme oggi: “La città prima contava 37 km². Ora, dopo le annessioni, gli insediamenti e il muro di separazione che ha diviso Betlemme da sua sorella e dal suo cuore – Gerusalemme – per la prima volta nella storia, significa che stiamo affrontando molti problemi”, spiega. Esprime poi di nuovo preoccupazione per il calo del numero dei cristiani palestinesi nei territori: “Al momento sono solo 168 mila nella Terra Santa, mentre ci sono oltre 4 milioni di cristiani palestinesi in tutto il mondo. Questo, di per sé, mostra quanto siano sotto pressione”.
Canawati evidenzia inoltre che, per legge, il sindaco di Betlemme deve essere cristiano. Questa è una disposizione mantenuta dai leader palestinesi “perché vogliono preservare la comunità cristiana, la più antica comunità cristiana al mondo che vive a Betlemme, nella Terra Santa, in Palestina”. Tuttavia molti continuano a partire. “Mi si spezza il cuore ogni volta che qualcuno lascia Betlemme”; nell’ultimo anno, oltre mille cristiani hanno ottenuto l’approvazione per “emigrare in Canada, negli Stati Uniti e in altri Paesi”.
Crollo del turismo e dell’economia
L’economia di Betlemme, che si fonda sull’ospitalità e l’accoglienza di pellegrini, è stata devastata dall’inizio della guerra del 7 ottobre 2023. “Abbiamo registrato un crollo, un calo profondo fino allo 0%. Tutti gli alberghi – 84 in totale – sono completamente chiusi. I negozi di souvenir, i laboratori che producono le bellissime opere in legno d’ulivo, madreperla e gioielli tipici di Betlemme sono chiusi. Totalmente chiusi”, racconta il primo cittadino. “La disoccupazione è passata dal 14% al 65%, e, come sapete, alle persone è negato l’accesso al lavoro nelle aree israeliane”. Più di 120 mila abitanti di Betlemme lavoravano fuori la città: “Alcuni avevano prestiti, e ora non hanno nemmeno il pane da mettere in tavola”.
La carenza d’acqua
La carenza d’acqua e le restrizioni alla libertà di movimento aggravano ulteriormente la situazione, soffocando la popolazione. Il sindaco riferisce che l’acqua è razionata, poiché ai palestinesi a Betlemme non è permesso scavare e attingere alle proprie risorse idriche: “Compriamo l’acqua dagli israeliani, e ci vendono solo un quinto di ciò che una persona dovrebbe consumare al giorno”. “Alcune zone di Betlemme restano senza acqua per 50 o 60 giorni”, lamenta Canawati. E rileva che oltre 134 barriere e checkpoint – anche all’interno della città – ostacolano la libertà di movimento, privando le persone non solo della loro libertà, ma anche dei mezzi per provvedere alle proprie famiglie e costruire un futuro.
Un appello alla solidarietà e alla speranza
Per il sindaco, il crescente senso di solidarietà che ha recentemente riscontrato in Italia e in altri Paesi fa davvero la differenza: “Credo che questo dia più speranza alla gente, il sapere che qualcuno si prende cura di noi, che non ci hanno dimenticati”. Per quanto riguarda il modo in cui la comunità internazionale può aiutare, lancia un appello a sostenere le organizzazioni locali: “Sostenere la popolazione affinché non emigri. Questa è la cosa più importante che stiamo cercando di fare in questo momento” (…).

