Gaza e gli immobiliaristi newyorkesi ebrei
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 66/25 del 13 ottobre 2025, Sant’Edoardo
Gaza e gli immobiliaristi newyorkesi ebrei
La diplomazia degli affari: Il ruolo chiave di Kushner e Witkoff nell’accordo tra Israele e Hamas [nella foto entrambi in preghiera al muro del pianto il 10/10/2025 dopo la riunione governativa a Gerusalemme].
L’amministrazione Trump ha da tempo mostrato di non seguire i canoni tradizionali della diplomazia. Questo approccio, che combina pragmatismo e dinamismo tipici del mondo degli affari da cui proviene il tycoon, ha trovato conferma nel negoziato che ha portato a un accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas, con il rilascio imminente degli ostaggi israeliani.
L’intesa, approvata nelle scorse ore dal governo israeliano, segna la fine potenziale di un genocidio che ha devastato Gaza. Ma in questo caso non sono stati i diplomatici di carriera a Washington ad aver dettato le regole del gioco, ma due immobiliaristi newyorkesi: il genero del presidente Usa ed ex consigliere senior della Casa Bianca, Jared Kushner, e l’inviato speciale di Trump per il Medio Oriente, Steve Witkoff. In questo senso, la presenza di entrambi in Israele, alla riunione di gabinetto, mentre il governo di Netanyahu stava approvando il piano di Trump, è particolarmente significativa.
La ricostruzione del New York Times
Secondo quanto ricostruito dal New York Times, lo scorso venerdì, quando ha saputo che Hamas era pronto a discutere il rilascio degli ostaggi, Kushner si trovava nella sua residenza su un’isola artificiale a nord di Miami. È subito partito per la villa del miliardario Witkoff, a 20 minuti di distanza, dove i due hanno creato un quartier generale improvvisato. Da lì i due hanno gestito le comunicazioni con le parti. Poi l’attesa svolta, all’inizio della settimana, quando il primo ministro Benjamin Netanyahu ha accettato una proposta di pace in 20 punti elaborata dall’amministrazione Usa. Poche ore dopo, Hamas ha annunciato l’avvio dei colloqui per gli ostaggi.
L’approccio pragmatico di Kushner e Witkoff
Come spiega il Nyt, Kushner e Witkoff si considerano “uomini d’affari” al servizio del massimo esperto di accordi, il presidente Usa Donald Trump. “Il loro approccio – scrive il quotidiano – è semplice: arrivare prima a un “sì” e definire i dettagli in seguito. I due hanno trascorso molto tempo insieme nelle ultime settimane, attraversando Miami, poi il Paese e ora il mondo, alla ricerca della pace. La ricostruzione di Gaza è anche nei loro obiettivi”.
“L’esperienza che Steve e io abbiamo come uomini d’affari è che devi capire le persone” ha dichiarato Kushner. “Devi riuscire a ottenere da loro il punto essenziale, e poi capire chi sta giocando, e quanto margine hai per spingere le cose” ha aggiunto: “Molte delle persone che fanno questo sono professori di Storia, perché hanno molta esperienza, o diplomatici. Essere uomini d’affari è semplicemente diverso: è uno sport diverso“.
A confermare il ruolo chiave di Kushner nel negoziato andato in porto è Michael Herzog, ex ambasciatore israeliano: “Credo che Jared abbia avuto un ruolo nel convincere il presidente Trump, insieme a Steve Witkoff, a presentare questa iniziativa”, riferendosi al piano di pace in 20 punti. Ha aggiunto: “Era il momento giusto. Nessuno qui intorno gli ha dato molta possibilità, ma ha funzionato”. Secondo il democratico Thomas R. Nides, ex ambasciatore degli Stati Uniti in Israele durante l’amministrazione Biden, Kushner è stato di fondamentale “importanza negli Accordi di Abramo, sa come gestire Bibi e capisce i Paesi arabi”.
La doppia vita del genero di Trump
Naturalmente, in questo mare di elogi bipartisan, non mancano le zone d’ombra. Anzi. Come osserva Le Monde, Jared Kushner vive una doppia vita che presenta un evidente conflitto d’interessi: da un lato, come investitore, rafforza i legami finanziari con l’Arabia Saudita, avendo ricevuto un cospicuo investimento di 2 miliardi di dollari dal Public Investment Fund saudita per la sua società, Affinity Partners; dall’altro, ha ripreso i ruoli diplomatici in Medio Oriente per conto di Trump in cui i sauditi rimangono centrali. Le sue dichiarazioni ad Harvard nel febbraio 2024, in cui definì il lungomare di Gaza “molto prezioso”, suggeriscono inoltre un interesse personale nella ricostruzione della Striscia, che richiede l’approvazione e gli investimenti sauditi.
Non è un mistero, infatti, che il vero obiettivo del progetto di Kushner con a capo Tony Blair sia quello di trasformare Gaza in una “Singapore del Mediterraneo” o una “Riviera di Gaza”. A prima vista, potrebbe apparire come un’opportunità per superare la povertà. In realtà, è un progetto di sfruttamento: i palestinesi rischierebbero di diventare manodopera a basso costo sulla loro stessa terra confiscata, mentre investitori e regimi stranieri – tra cui l’Arabia Saudita – ne trarrebbero profitto. Fatte queste considerazioni, va fatta una precisazione: in un contesto di genocidio e devastazione, anche un pessimo accordo, con tutti i suoi interessi e ombre, rappresenta comunque un passo avanti rispetto al nulla. Sempre che l’accordo regga e che le parti rispettino gli impegni presi.

