2018 Comunicati  06 / 04 / 2018

Don Bosco: buono, non buonista

Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenzaPAG131
Comunicato n. 35/18 del 6 aprile 2018, San Diogene

Don Bosco: buono, non buonista

Un interessante caso giudiziario a Valdocco

Una lettera al pretore della città di Torino del 18 aprile 1865 apre un interessante ed inedito spiraglio sulla vita quotidiana della Valdocco dell’epoca. Siamo forse abituati a pensare che a Valdocco, con la presenza di don Bosco, le cose andassero sempre bene, soprattutto negli anni cinquanta e primi anni sessanta quando l’opera salesiana non si era ancora diffusa e don Bosco viveva a contatto diretto e costante con i ragazzi. Invece successivamente, con una grande massa eterogenea di giovani, educatori, apprendisti artigiani, giovani studenti, novizi, studenti di filosofia e di teologia, allievi delle scuole serali, lavoratori “esterni”, sarebbero potute sorgere delle difficoltà nella gestione disciplinare della comunità di Valdocco.

Un fatto piuttosto grave
Una lettera al pretore della città di Torino del 18 aprile 1865 apre un interessante ed inedito spiraglio sulla vita quotidiana della Valdocco dell’epoca. La riproduciamo e poi la commentiamo.

Al Signor Pretore Urbano della città di Torino
Viste le citatorie da intimarsi al chierico Mazzarello assistente nel laboratorio dei legatori della casa detta Oratorio di San Francesco di Sales; viste parimenti quelle da intimarsi ai giovani Parodi Federico, Castelli Giovanni, Guglielmi Giuseppe e consideratone attentamente il tenore il sac. Bosco Gioanni direttore di questo stabilimento nel desiderio di sciogliere la questione con minori disturbi delle autorità della pretura urbana crede di poter intervenire a nome di tutti nella causa relativa al giovane Boglietti Carlo, pronto a dare a chi che sia le più ampie soddisfazioni.
Prima di accennare il fatto in questione sembra opportuno di notare che l’articolo 650 del codice penale sembra interamente estraneo all’oggetto di cui si tratta, imperciocché interpretato nel senso preteso la pretura urbana si verrebbe ad introdurre nel regime domestico delle famiglie, i genitori e chi ne fa le veci non potrebbero più correggere la propria figliuolanza neppure impedire un’insolenza ed un’insubordinazione, [cose] che tornerebbero a grave danno della moralità pubblica e privata.
Inoltre per tenere in freno certi giovanetti per lo più inviati dall’autorità governativa, si ebbe facoltà di usare tutti quei mezzi che si fossero giudicati opportuni, e in casi estremi di mandare il braccio della pubblica sicurezza siccome si è fatto più volte.
Venendo ora al fatto del Boglietti Carlo si deve con rincrescimento ma francamente asserire, che egli fu più volte paternamente inutilmente avvisato; che egli si dimostrò non solo incorreggibile, ma insultò, minacciò ed imprecò il suo assistente, chierico Mazzarello in faccia ai suoi compagni. Quell’assistente d’indole mitissima, e mansuetissima ne rimase talmente spaventato, che d’allora in poi fu sempre ammalato senza aver mai più potuto ripigliare i suoi doveri e vive tuttora da ammalato.
Dopo quel fatto il Boglietti fuggì dalla casa senza nulla dire ai suoi superiori a cui era indirizzato e fece solamente palese la sua fuga per mezzo della sorella, quando seppe che si voleva consegnare nelle mani della questura. La qual cosa non si fece per conservargli la propria onoratezza.
Intanto si fa istanza affinché siano riparati i danni che l’assistente ha sofferto nell’onore e nella persona almeno finché possa ripigliare le sue ordinarie occupazioni.
Che le spese di questa causa siano a conto di lui. Che né esso Boglietti Carlo, né il sig. Caneparo Stefano suo parente o consigliere non vengano più nel mentovato stabilimento a rinnovare gli atti d’insubordinazione e gli scandali già altre volte cagionati.
Sac. Gio Bosco

Che dire? Anzitutto che la lettera documenta come fra i giovani accolti a Valdocco negli anni sessanta, quando ormai erano stati aperti quasi tutti i laboratori per artigiani, spesso orfani, ve ne erano alcuni inviati dalla pubblica sicurezza. Dunque l’Oratorio non accoglieva solo ragazzi come Domenico Savio o Francesco Besucco o anche Michele Magone, vale a dire degli ottimi, dei buoni e dei giovani vivaci ma di buon cuore, ma anche giovani difficili, problematici, con alle spalle esperienze decisamente negative.
Ai giovanissimi educatori salesiani di Valdocco era affidato l’arduo compito di ri-educarli, autorizzati anche a far ricorso a “tutti quei mezzi che si fossero giudicati opportuni”. Quali? Di certo il Sistema Preventivo di don Bosco, di cui l’esperienza in atto da due decenni a Valdocco dimostrava la validità. Ma alla prova dei fatti, “in casi estremi”, per i giovani più incorreggibili, si dovette ricorrere a quella stessa forza pubblica che ve li aveva portati.

Nel caso in questione
Don Bosco, di fronte alla citazione in giudizio di un suo giovane chierico e di alcuni ragazzi dell’Oratorio, si sente in dovere di intervenire direttamente presso l’autorità costituita per la difesa del suo giovane educatore, per la salvaguardia dell’immagine positiva del suo Oratorio e per la tutela della propria autorevolezza educativa. Con estrema chiarezza indica al pretore le possibili conseguenze negative, per sé, per le famiglie e per la società in genere, della rigida, ed a suo giudizio ingiustificata, applicazione di un articolo del codice penale.
Da ottimo avvocato, con una spericolata arringa giuridico-educativa, don Bosco trasforma in tal modo la sua difesa in accusa e l’accusatore in imputato, al punto da fare immediata istanza di indennizzo dei danni fisici e morali causati al giovane assistente Mazzarello, ammalatosi e costretto al riposo forzato.

L’esito della vertenza
Non è dato conoscerlo, probabilmente si concluse con un nulla di fatto. Ma tutta la vicenda ci rivela una serie di atteggiamenti e comportamenti non solo poco conosciuti di don Bosco, ma in qualche modo sempre attuali. Veniamo così a conoscere che pur sotto gli occhi vigili di don Bosco il Sistema Preventivo poté talora andare incontro a degli insuccessi. Il primo interesse da salvaguardare doveva sempre essere quello del singolo giovane, ovviamente a condizione che non entrasse in conflitto con il superiore interesse di altri compagni. Inoltre l’immagine positiva dell’opera salesiana andava difesa anche nelle opportune sedi giudiziali. Nel qual caso saggiamente andavano però messe in conto le possibili conseguenze, onde non trovarsi di fronte a spiacevoli sorprese.

http://biesseonline.sdb.org/editoriale.aspx?a=2018&m=2&doc=9667