2013 Comunicati  22 / 02 / 2013

Come se la passano i prigionieri “nell’unica democrazia del Medio Oriente”

Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 20/13 del 22 febbraio 2013, Cattedra di San Pietro

Come se la passano i prigionieri “nell’unica democrazia del Medio Oriente”

“tenuto in regime di totale isolamento, senza avvocati, senza visite, in spregio a tutte le leggi internazionali”

Israele, il prigioniero X un australiano del Mossad
di Caludio Gallo

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Dopo dieci mesi di ricerche, una trasmissione televisiva australiana ha gettato un esile fascio di luce su uno dei misteri più fitti e inquietanti di questi anni: il Prigioniero X, la maschera di ferro israeliana. Era un ebreo australiano di 34 anni l’uomo che neppure i suoi carcerieri conoscevano, tenuto in regime di totale isolamento, senza avvocati, senza visite, in spregio a tutte le leggi internazionali.

Nonostante ancora oggi la censura ufficiale proibisca ai media nazionali di parlare di lui, era trapelato che nel 2010 si era tolto la vita impiccandosi, nonostante fosse tenuto sotto sorveglianza 24 ore su 24. Poco tempo prima del suicidio, il parlamentare del partito di sinistra Meretz scrisse una lettera al procuratore generale Yehuda Weinstein chiedendo notizie del recluso: «Imprigionare in completo isolamento e totale anonimità è una cosa molto grave». Un alto funzionario assicurò il deputato che tutto era «sotto il controllo giudiziario».

Tre anni dopo la scoperta della prigione segreta nota come «Camp 1391», nel 2003, Israele aveva assicurato che non esistevano più detenzioni al di fuori degli standard giudiziari internazionali. Il Prigioniero X era rinchiuso nel penitenziario di Ayalon, che in un primo tempo ospitò anche Ygal Amir, l’assassino di Peres. Una prigione notoria per il detenuto che non c’era.

Il programma «Foreign Correspondent» dell’«Abc News» australiana ha rivelato l’altra sera che si chiamava Ben Zygler, aveva 34 anni e la doppia cittadinanza australiana e dello Stato ebraico. Aveva una moglie israeliana, due figli e lavorava per il Mossad, talvolta con i nomi di Ben Alon e Ben Allen. Quest’ultima identità è quella con cui sarebbe stato spedito il cadavere in Australia.

Sul motivo per cui l’hanno imprigionato con tanta crudeltà e segretezza non ci sono ipotesi se non l’ovvia osservazione che si tratterebbe di qualcosa legato alla sicurezza nazionale. La sua memoria è ancora oggi maledetta. Racconta «Haaretz» che martedì scorso il premier Netanyahu aveva convocato un incontro semi-segreto con i vertici dei media, giornalisti e proprietari. Voleva essere sicuro che sulla vicenda non uscisse una riga.

Richard Silverstein, un blogger americano, rivelò che il Prigioniero X era Ali Reza Asgari, ex generale dei Pasdaran iraniani, sparito a Istanbul, rapito o forse fuggito per vendersi ai servizi segreti occidentali. Ma Silverstein si era ricreduto: «Le mie fonti mi hanno ingannato, vogliono distogliere l’attenzione dalla vera identità del carcerato».

Nel 1983 era sparito allo stesso modo il chimico israeliano Marcus Kingberg, spia dei sovietici. A lui è andata meglio: dopo lunghi anni in galera sotto falso nome, oggi vive in Francia.

La Stampa