Alla Sinagoga piacciono i due “santi” patroni del modernismo
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 45/14 del 29 aprile 2014, San Pietro Martire
Il 27 aprile scorso, Jorge Mario Bergoglio ha “canonizzato” i suoi predecessori, Angelo Giuseppe Roncalli e Karol Wojtyla. La Chiesa, e il suo Capo visibile, il Sommo Pontefice, sono infallibili quando decretano una solenne canonizzazione: si tratta, infatti, di una vera e propria “definizione”. I Santi canonizzati sono presentati a tutti i fedeli come modelli da imitare e intercessori da invocare ai quali rendere un vero e proprio culto: i fedeli sarebbero ingannati e condotti lontano dalla via della Verità e della salvezza, se fosse proposto loro un modello falso da seguire, e fosse autorizzato, e comandato, un falso culto. Eppure, nessun cattolico può credere alla santità di Angelo Giuseppe Roncalli e Karol Wojtyla: come possono aver praticato in modo eroico la Fede, dato che hanno favorito in ogni modo l’eresia modernista?
Jorge Mario Bergoglio ha errato nel dichiarare Santi chi Santo non può essere, e questo è possibile solo ammettendo che Jorge Mario Bergoglio non è, formalmente, Papa. Chi può stupirsene, se egli stesso si è detto uguale a tutti gli altri, preferendo presentarsi come un cristiano tra i cristiani o un vescovo tra i vescovi piuttosto che come il Papa? Chi può stupirsene, da parte di chi – andando oltre l’elogio degli agnostici ad opera di J. Ratzinger – ha scritto a Eugenio Scalfari che la salvezza è possibile anche all’ateo che non cerca Dio? Chi può stupirsene in colui che lascia credere anche solo possibile il dare i santi Sacramenti a chi vive abitualmente e persino pubblicamente in peccato mortale, senza pentirsi e mutare vita, come se adulterio, divorzio e fornicazione non fossero gravi offese a Dio? Chi può stupirsene, da parte di colui che poco prima la doppia solenne “canonizzazione”, ha, per così dire, “canonizzato” persino l’empio Pannella, con una telefonata di simpatico sostegno, senza rendere pubblica contestualmente anche una sola critica al corresponsabile dell’introduzione, nella legislazione italiana, del divorzio e dell’aborto?
A chi obietta che Bergoglio può essere ancora legittimo Pontefice, pur errando nel canonizzare due “papi conciliari” perché non avrebbe l’intenzione di far uso della sua infallibilità, si risponde facilmente che, in questa ipotesi, un pontefice che abitualmente non intendesse far uso dell’infallibilità non ha, abitualmente, l’intenzione di essere Papa, e di realizzare il bene e il fine della Chiesa, che non vuole governare. Chi non vuole fare il Papa non vuole essere Papa; chi non vuole essere Papa, non ha accettato l’elezione al papato; chi non ha accettato l’elezione al papato, non è formalmente Papa.
Per noi, come per ogni cattolico, la giornata del 27 aprile è stato un giorno di lutto e di tristezza, a causa dell’onore di Dio conculcato e dei milioni di anime così gravemente ingannate. Non ci si deve stupire se, invece, è stato un giorno di letizia per i tanti nemici di Cristo e della Chiesa. Ne sia d’esempio anche l’articolo che pubblichiamo, ricordando che non si può essere amici di Cristo, e amici dei suoi nemici.
Due santi amici degli ebrei
I media israeliani: si canonizzano due Papi che possono essere annoverati fra quelli che hanno fatto di più per migliorare i rapporti fra cristiani e il popolo dell’Alleanza
I giornali israeliani di questi giorni contengono commenti positivi sulla celebrazione che avrà luogo domenica mattina in San Pietro, sottolineando che verranno elevati agli onori della canonizzazione due pontefici che certamente possono essere annoverati fra quelli che hanno fatto di più per migliorare i rapporti fra cristiani – cattolici in particolare, ovviamente, e il popolo dell’Alleanza.
“Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, che saranno fatti santi domenica – scrive Ynews – hanno fatto così tanto per mettere fine a duemila anni di antisemitismo cattolico che un’organizzazione dei diritti umani ebraica li chiama ‘eroi del popolo ebraico’”.
Giovanni XXIII è ricordato con affetto dalla comunità ebraica della Capitale, la più antica della “Diaspora”, così antica da godere di una proprio particolare tradizione liturgica ben anteriore alla distruzione del “Tempio” nel 70 d.C. a causa di un episodio particolare: quando passando in automobile davanti alla sinagoga, sul lungotevere, si fermò, e salutò e parlò con le persone che stavano uscendo dal tempio.
Di Roncalli si ricorda il ruolo, quando era nunzio a Istanbul, per ottenere visti, e falsi certificati di battesimo per gli ebrei che provenivano dai Balcani e fare in modo che potessero raggiungere la Turchia prima e poi la Palestina, allora sotto controllo britannico. Da Papa fece cancellare la frase “perfidi giudei” dalle preghiere del Venerdì Santo. “Durante la guerra l’arcivescovo Angelo Roncalli è stato importantissimo nel salvare la vita di un grande numero di ebrei bulgari, ungheresi e di altre nazionalità” ha dichiarato Menachem Rosensaft professore alla Columbia e Cornell University, e figlio di due sopravvissuti all’Olocausto.
E soprattutto nel mondo ebraico gli si attribuisce il merito di aver lanciato il Concilio Vaticano II che produsse la “Nostra aetate”, quello che la stampa israeliana definisce oggi “una pietra miliare” per aver ripudiato “il concetto antico di duemila anni della responsabilità collettiva per la morte di Gesù”. “Nostra Aetate ha introdotto cambiamenti sorprendenti nelle relazione ebraico-cattoliche nel mondo – la citazione è del rabbino David Rosen, direttore internazionale del Comitato ebraico americano per gli affari inter-religiosi – anche se il grado di approfondimento dipendeva dal fatto se i cattolici e gli ebrei vivevano o no fianco a fianco”.
Giovanni Paolo II – ricorda la stampa di Israele – è stato il primo papa, dall’evo antico, a mettere piede in un sinagoga, il Tempio maggiore di Roma. Accadde nel 1986, e in quell’occasione definì gli ebrei “i nostri amati fratelli maggiori”. Wojtyla, cresciuto in Polonia con amici ebrei, fu il Papa che stabilì rapporti diplomatici fra la Santa Sede e lo Stato di Israele. E nella sua visita a Gerusalemme si recò al “Muro Occidentale”, il cosiddetto “Muro del Pianto”, e infilò fra le pietre – un gesto comune per i fedeli ebrei – un foglietto di carta, in cui si diceva “profondamente rattristato dal comportamento di quanti nel corso della storia hanno provocato sofferenze ai vostri figli”. “È un gesto che non sarà mai dimenticato” ha detto il rabbino Abarham Cooper, del Centro Simon Wiesenthal. Fra l’altro Wojtyla nel suo testamento ha ricordato l’ex rabbino capo di Roma, Elio Toaff.
Anche papa Francesco ha rapporti di amicizia consolidati con il popolo ebraico. Fra l’altro è coautore di un libro con il rabbino argentino di Buenos Aires Abraham Skorka. “Sta solidificando il lascito spirituale e umano dei suoi due predecessori – ha detto Rosensaft – canonizzando non solo Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, ma, e questo è forse più importante, i valori che incarnavano”.