2012 Comunicati  31 / 10 / 2012

Mentana, 1867: viva il Papa Re!

Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 92/12 del 3 novembre 2012, San Giusto

Mentana, 1867: viva il Papa Re!

Il 3 novembre 1867 l’Esercito pontifico riportava una straordinaria vittoria nella battaglia di Mentana (con la precipitosa fuga di Garibaldi), a coronamento di 45 giorni di vittoriosi combattimenti (ad eccezione di Monterotondo) contro i garibaldini. Gli sconfitti, per non ammettere l’eroismo dei soldati del Papa Re, attribuirono il successo all’esercito francese.
Ricordiamo il 145° anniversario del trionfo papalino nella campagna militare dell’Agro romano con tre testi, tratti dall’Osservatore Romano e dalle memorie di due volontari, il bolognese Antonmaria Bonetti e l’irlandese Patrick Keyves O’Clery. Dalla lettura dei testi emerge l’entusiasmo che suscitò in tutta la popolazione romana la vittoria di Mentana.
Il Bonetti parla del monumento fatto da costruire da Pio IX nel cimitero del Verano, al Pincetto Vecchio, in onore dei caduti della campagna militare del 1867, non lontano dalla tomba dove ora riposa il gen. Kanzler e la sua famiglia. Oggi purtroppo il monumento e la tomba si trovano in un deplorevole stato di incuria e abbandono.
Ricordiamo anche il video fatto in occasione del 140° anniversario della vittoria:

L’Osservatore Romano
… Non eravamo preparati a uno spettacolo di tanta imponenza. Tutte le vie che conducevano al grande largo di Termini erano assiepate di una folla compatta, che pareva impaziente di rivedere i nostri prodi, e di dar loro un attestato corrispondente all’animo generoso con cui avevano sopportato le lunghe fatiche e i quotidiani pericolo di una guerra diuturna, insidiosa, implacabile. Le classi si confondevano insieme e solo un sentimento pareva dominasse quella sterminata moltitudine, sentimento di legittima e santa soddisfazione di poter intaccare la corona della vittoria intorno le fronti delle valorose milizie che a costo della loro vita avevano salvato le nostra città dagli orrori di una sacrilega invasione. E quando finalmente comparvero le prime insegne, quando S. E. il generale Kanzler Pro-Ministro delle Armi, con a fianco S. E. il generale De Faille comandate le truppe francesi si avanzò sulla via; allorquando la simpatica divisa degli eroici nostri zuavi incominciò a fendere lentamente la moltitudine, uno scoppio indescrivibile dia plausi percorse tutta la linea, piogge di fiori caddero sulle loro teste, e il grido di Viva le Truppe Pontificie! Viva i Zuavi! Echeggiò per ogni intorno. (…) Belli della loro gloria, i volti dei nostri bravi abbrunati dal sole, solcati dalle fatiche, brillarono di gioia per un’accoglienza si entusiasta; e siam certi ch’essi dimenticarono in quel punto ogni loro travaglio, nella legittima soddisfazione di vedersi fatti segno di plauso si grande e universale, meritata ricompensa del loro coraggio e della loro fedeltà. D’altra parte mai come ieri si fece palese per qual modo Roma abbia a caro di vedere a sé conservato quel triplice serto che incorona il capo dei suoi Monarchi. Quel serto che in luogo di capitale di un povero regno, al costituisce e consacra sede inviolabile del Vicario di Gesù Cristo, centro, regina e maestra della grande famiglia cristiana, patria gloriosa ed eterna di duecento milioni di cattolici!
(Dall’Osservatore Romano del 7 novembre 1867)

La testimonianza di Antonmaria Bonetti, volontario bolognese
Ora mi rimarrebbe a fare la storia della nefasta occupazione garibaldesca nelle provincia, della indifferenza onde vennero accolte le truppe regie, e delle feste e dello entusiasmo, onde i pontificii furono ricevuti in tutte le città ed i paesi dello Stato allorché li rioccuparono. Mi resterebbero pure a ricordare le cure amorevoli e pietose prestate ai feriti sia pontificii e sia garibaldini; le attenzioni usate ai prigionieri, i quali furono provvisti abbondantemente non solo del necessario, ma persino di biancheria, di denaro, di tabacco e d’altro. Dovrei rammentare le visite fatte tanto ai feriti che ai prigionieri dal Santo Pontefice Pio IX; lo zelo e la carità cristiana onde gli ospedali furono spettacolo, e nei quali in tutte le ore del giorno e della notte si aggiravano distribuendo conforti e soccorsi, oltre alle Suore, le più nobili dame ed i più cospicui gentiluomini e personaggi romani e stranieri, fra i quali, e per primi vanno nominati le LL. MM. il Re e la Regina delle Due Sicilie; le infermerie aperte spontaneamente nei loro palazzi da alcuni patrizi romani; ma passerei di troppo i limiti fissati dal mio lavoro.
Basti dire in poche parole che, come durante l’invasione sfolgorò in tutta la sua luce il valore e l’abnegazione delle milizie e la fedeltà e la solerzia delle popolazioni; così dopo il trionfo sfavillarono di luce purissima la pietà per gli egri, la generosità per gl’indigenti, il compianto pei caduti. Splendidi furono i funerali che in Roma ed in tutto l’Orbe cattolico si celebrarono in suffragio di quelli tra i Crociati del 1867, che ebbero la bella sorte di suggellare col sangue e colla vita il loro amore e la loro devozione alla Cattedra augusta di S. Pietro ed all’immortale Pontefice Pio IX.
Entusiastiche, non più viste, universali furono le dimostrazioni di gratitudine, di ammirazione e di plauso ai prodi e gloriosi campioni della Religione e del Trono Pontificio; ed il Sacro Collegio degli E.mi Cardinali, la Prelatura, il Romano Patriziato concorsero tutti con larga munificenza per premiare anche materialmente il loro eroismo. I principali giornali cattolici d’Italia e d’Europa raccolsero in pochi giorni somme rilevanti per l’Esercito Pontificio, pei feriti, per le popolazioni e le chiese più danneggiate dall’invasione, e specialmente per quelle di Monte Rotondo, che più n’ebbero a soffrire.
Il Santo Padre Pio IX volle poi che nel Campo Santo di Roma fosse innalzato un nobile mausoleo ai suoi cari soldati, caduti sul campo dell’onore; e questo mausoleo, che tuttora si ammira, quantunque profanato da un’empia e bugiarda iscrizione postavi dopo il 20 settembre 1870 da chi non interpretava certo i sentimenti della cittadinanza che diceva di rappresentare, è opera lodatissima del ch. Vespignani. Esso è in marmo di proporzione assai ampie, e rappresenta San Pietro in atto di consegnare la spada ad un Crociato, che sostiene una bandiera col motto: L’Orbe Cattolico. Le statue che adornano il monumento sono dell’esimio scultore Luccardi. Gli ornati, dei distinti artisti Carimini, Palombini ed Augusti; le iscrizioni latine dell’illustre padre Torgiorgi. Sul monumento, in rilievo ed a lettere di metallo dorato, leggonsi i nomi dei caduti; ma essi ben più stabilmente e profondamente sono scolpiti nel cuore di ogni cattolico verace e sincero. Pio IX poi volle compiere l’apoteosi dei suoi valorosi campioni, istituendo una medaglia commemorativa con un Breve stupendo, che è già per se stesso un monumento immortale, una splendida corona di gloria per chi ebbe la somma fortuna di meritarlo.
(Antonmaria Bonetti, Venticinque anni di Roma capitale e i suoi precedenti (1815-1895), di, Libreria della Vera Roma, Roma 1895, pagg. 470-472)

La testimonianza di Patrick Keyves O’Clery, volontario irlandese
… A Mentana le truppe pontificie ebbero 30 morti e 103 ferirti. (…) I garibaldini persero almeno 800 uomini, ed è probabile che le perdite effettive siano state superiori al migliaio. Furono fatti prigionieri 1.600 garibaldini e gli altri ripassarono la frontiera in vari punti, consegnandosi a migliaia alle truppe italiane. Il 6 novembre l’esercito vittorioso rientrava a Roma, ricevuto dall’entusiasmo della gente: la città era imbandierata a festa, la folla gremiva le strade, i balconi, e persino i tetti. I prigionieri furono portati a Castel Sant’Angelo, da dove ritornarono in gruppi alle proprie case. Il 27 novembre, quando ne erano rimasti 200, il Papa fece loro visita. Nel gran salone dov’erano riuniti per incontralo, il Papa passò sorridendo in mezzo a loro, dicendo: Vedete davanti a voi l’uomo che un vostro generale ha chiamato il Vampiro d’Italia. E’ contro di me che avete preso le armi: e chi sono io? Un povero vecchio. Parlò con ciascuno di loro, si informò dei loro bisogni, promise vestiti caldi, scarpe, denaro e il viaggio gratuito per ritornare nelle loro città; infine, quando tutti gli si strinsero attorno, baciandogli la mano e acclamandone il nome, li salutò dicendo: A voi cattolici chiedo soltanto di ricordarvi di me in una breve e fervente preghiera a Dio. Tale fu il perdono di Pio IX.
Le notizie di Mentana furono accolte in tutto il mondo cattolico con immensa gioia. ovunque vennero celebrate Messe di ringraziamento per la vittoria, indette preghiere di suffragio per gli eroi caduti, organizzati manifestazioni e comizi per garantire una difesa della Santa Sede ancora più efficace. Persino nel lontano Canada l’entusiasmo fu grande quanto in Europa, poiché uno zuavo canadese era caduto a Mentana in difesa della Santa Sede; così, quando ogni nazione decise di mandare rinforzi Roma, il Canada si organizzò per inviare un’intera compagnia, che doveva poi coprirsi di gloria nell’ultimo combattimento dell’esercito pontificio …
(Patrick Keyves O’Clery, La Rivoluzione italiana. Come fu fatta l’unità della nazione, Edizioni Ares, Milano 2000, pag. 650-651).