2015 Comunicati  01 / 04 / 2015

La pax americana in Siria

Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 32/15 del 1° aprile 2015, Sant’Ugo di Grenoble

syria_usa_turkey“Dare una lezione ad Assad e stare, ancora una volta, dalla parte giusta della storia” (Martin Dempsey, Capo di Stato Maggiore USA)

Porteranno la pace in Siria e sarà tre volte Natale

E’ appena stato avviato il progetto statunitense di addestrare i primi 5.000 ‘ribelli moderati’ che dovranno ‘risolvere’ la crisi siriana.
L’obiettivo finale è quello di formare 15.000 combattenti nell’arco di tre anni presso strutture situate principalmente in Turchia

di Patrizio Ricci

La formazione delle reclute sarà fornita da 400 addestratori statunitensi. L’inizio del training è imminente. Sarà svolto presso una base militare turca situata nella città di Kirsehir, nell’Anatolia centrale (ma anche in misura minore in Arabia Saudita e Qatar).

L’autorevole rivista al Monitor ci fornisce qualche dato in più sui candidati destinati a divenire quelli che potremmo chiamare ‘i nuovi ribelli moderati’: “Il primo gruppo di 2.000 uomini da avviare al combattimento sarà composto soprattutto da turkmeni provenienti dalle zone di Damasco e Aleppo”.

E’ qui svelato il mistero sulla composizione di queste nuove unità di formazione: sarà prevalentemente turcmena, etnia strettamente legata alla popolazione turca e azera.
E’ a cura dei servizi segreti turchi (MIT) il compito della selezione dei tirocinanti. Le reclute dovranno avere determinati requisiti. Soprattutto secondo i turchi devono averne uno: “devono essere ‘affidabili’ – che tradotto significa – “devono vedere il leader siriano Bashar al-Assad come target essenziale”.

Le parole di Abdurrahman Mustafa (capo dell’Assemblea turkmena) alla televisione statale turca Trt chiariscono che la posizione di Ankara sposa perfettamente il punto di vista dei turcmeni: ”Aleppo è e rimarrà una città turca “. Il leader turcmeno ha poi aggiunto: “Non abbiamo dubbio che come la Turchia ha ottenuto ‘sotto protezione’ la tomba di Suleyman Shah, allo stesso modo otterrà anche noi turkmeni. Non siamo mai soli. Sappiamo che la Turchia è sempre con noi, al nostro fianco”.

E’ assai probabile che nella nuova struttura militare creata da Ankara, confluiranno elementi già inquadrati nelle brigate turkmene che già combattono contro le forze armate siriane a Handarat, Mellah e Sheikh Mekkar e sopratutto a nord di Aleppo. E’ evidente che come è accaduto nell’attacco del villaggio armeno di Kessab che le nuove unità possano contenere anche elementi delle forze armate turche. L’atteggiamento della Turchia è anche grandemente ambigua nei confronti dello Stato Islamico.

Non si tratta di ipotesi. Ci sono già elementi concreti su quale sarà il compito dei ‘nuovi ribelli moderati’: secondo un report della rivista al Monitor, già da adesso, il governo turco ”sta costringendo i turkmeni siriani a combattere contro le forze di Assad anziché contro IS”. Il documento mostra chiaramente le priorità del governo turco: “Ankara sta dando priorità alla creazione di forze siriano turkmene armate di opposizione per combattere contro Damasco, rendendo così impossibile una azione coordinata contro IS”.

Sfortunatamente, la spregiudicatezza turca non cadrà nel vuoto: è condivisa anche da Washington. Il portavoce del Pentagono l’ammiraglio John Kirby, ha detto che le nuove formazioni ‘ribelli moderate’ dovranno ”combattere il Califfato e al tempo stesso le forze regolari di Damasco, che costituiscono il principale nemico dello Stato Islamico”. Il Capo di Stato Maggiore Martin Dempsey (teorizzatore nel 2013 ”dell’attacco aereo limitato” contro la Siria, necessario “per dare una lezione ad Assad e stare, ancora una volta, dalla parte giusta della storia” ha dichiarato che ” la preparazione del programma richiederà 3 a 4 mesi e da 8 a 12 mesi per addestrare 5.000 combattenti dell’opposizione siriana moderata per essere in grado di combattere IS e il regime di Bashar Assad dopo” .

Non sfugge che se questi piani si dovessero realizzare, la prospettiva per la Siria sarebbe continuare la devastazione. Il punto di vista più umano, cioè quello che non si astrae dalla realtà ma abbraccia il vero bisogno del uomini, è stato espresso dal vescovo Kazen di Aleppo in una recente intervista di Radio Vaticana: ” La guerra continuerà finché le potenze straniere vorranno alimentarla. Statunitensi e turchi hanno appena dichiarato di avere un piano di sostegno e addestramento dei gruppi ribelli per i prossimi tre anni. Quindi hanno già messo in programma che la guerra durerà altri tre anni, e la gente qui continuerà a soffrire e a morire per altri tre anni”.

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