2017 Comunicati  02 / 01 / 2018

L’Onu, Gerusalemme e il randello del dollaro

Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova Insorgenzaebacbf12d3744ebb961775873115875d_18
Comunicato n. 1/18 del 2 gennaio 2018, SS. Nome di Gesù

L’Onu, Gerusalemme e il randello del dollaro

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha fatto il vuoto intorno agli Usa (e ad Israele) per la decisione di trasferire l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme. Senza, però, alcuna conseguenza pratica.

E così, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha condannato la decisione di Donald Trump, che ha deciso di spostare l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, riconoscendo questa città come capitale di Israele, con una larghissima maggioranza: 128 Paesi favorevoli alla mozione di censura, 35 astenuti, solo 9 contrari. Il voto ha valore meramente consultivo e il risultato era prevedibile, perché la mossa di Trump (che riconosce come israeliana anche Gerusalemme Est, che l’Onu invece considera “territorio occupato”) sconvolge settant’anni di diplomazia internazionale.

Fa però ugualmente impressione notare che a fianco degli Usa, in questo frangente e su questo tema, si sono schierati solo Israele (ovviamente), Guatemala, Honduras, Palau, Micronesia, Isole Marshall, Nauru e Togo. Gli ultimi quattro Paesi sono tutti isole del Pacifico, e tre di loro sono ex colonie americane. Tutti insieme questi Paesi hanno meno di 200 mila abitanti. In sostanza, gli Usa e Israele sono soli.

Considerazione che, però, ne fa nascere un’altra. Usa e Israele sono soli ma fanno ugualmente ciò che vogliono e tutto il resto del mondo sembra impotente. Si tratta della superpotenza mondiale e dello Stato ebraico, nazioni di cui non si può sottovalutare il peso e l’importanza. Ma è possibile che 128 Paesi non riescano a fare nulla, ma proprio nulla, per decenni, su una situazione (l’occupazione, e a Gerusalemme ora anche l’annessione, abusiva, di territori palestinesi da parte di Israele) i cui contorni sono, almeno in teoria, chiarissimi per il diritto internazionale?

Altre domande, a cascata. Esiste davvero un “diritto internazionale”? Davvero le nazioni si richiamano ad esso nella loro azione politica? Esiste ancora una comunità internazionale, con dei principi e delle regole, o sopravvivono solo gli interessi economici e commerciali con il contorno di qualche vaga dichiarazione teorica?

Gli Stati Uniti, alla vigilia del voto dell’Assemblea Generale, hanno minacciato di tagliare i fondi alle Nazioni Unite e di rivedere i rapporti con i Paesi che avessero votato a favore della mozione di condanna. Hanno insomma agitato il randello dei dollari. Difficile non trovarlo significativo.

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