2019 Comunicati  17 / 01 / 2019

La voce della Chiesa sulla letteratura mistico- sensuale

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Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 5/19 del 17 gennaio 2019, Sant’Antonio Abate

La voce della Chiesa sulla letteratura mistico- sensuale

Nota di Sodalitium: Pubblichiamo il testo integrale dell’Istruzione del Sant’Uffizio “Inter mala” del 3 maggio 1927, sulla “letteratura sensuale e mistico-sensuale”. Come dimostra lo studio di Jean-Baptiste Amadieu (https://halshs.archives-ouvertes.fr/halshs-01315561/document), la corrente letteraria mistico-sensuale in questione è quella del Decadentismo (in questo caso di lingua francese) e del più recente “ Renouveau catholique”, e gli autori presi in esame, in seguito a una denuncia fin dal 1917 dell’avvocato nizzardo Raymond Hubert (vicino al sacerdote Emmanuel Barbier e a padre Charles Maignen, del Sodalitium Pianum) sono, tra gli altri: Baudelaire, Verlaine, Rimbaud, Huysmans, Barbey d’Aurevilly, Léon Bloy e Charles Péguy tra i defunti, Psichari, Montier, Claudel, Vallery-Radot, Baumann,Bourget, Bernanos, Vaussard, Jammes, e Mauriac tra i viventi. Il testo dell’Istruzione verrà pubblicato in una eventuale nuova edizione del libro “La vergogna della tradizione”, edito dal nostro Centro Librario.

Congregazione del Sant’Uffizio, Istruzione “Inter mala” del 3 maggio 1927
All’episcopato di tutto il mondo, sull’editoria sensuale e sensuale-mistica.

Tra i mali più funesti che ai nostri giorni corrompono totalmente la morale cristiana e nuocciono moltissimo alle anime riscattate col prezioso Sangue di Gesù Cristo è sovratutto da annoverarsi la letteratura che favorisce le passioni sensuali, la lussuria, e un certo qual misticismo lascivo. Di questo carattere sono principalmente romanzi, novelle, drammi, commedie: scritti tutti che vanno oggi moltiplicandosi in modo incredibile e si diffondono ogni giorno, più dappertutto.
Se questo genere letterario, per cui moltissimi, specie giovani, sono tanto attratti, fosse contenuto entro i limiti, non certo ristretti, del pudore e dell’onestà, potrebbe non solo innocuamente dilettare, ma giovare altresì per migliorare i costumi.
Ma purtroppo non può deplorarsi abbastanza, il danno gravissimo che deriva alle anime da questa colluvie di libri, quanto affascinanti altrettanto immorali. Poiché molti scrittori dipingono con colori vivissimi scene impudiche e, trascurando ogni doveroso riserbo, ora larvatamente, ora con aperta e raffinata spudoratezza, narrano i più osceni episodi, descrivono nei più minuti particolari i vizi sensuali più degradanti e li presentano con tutte le ricercatezze dello stile e i lenocini dell’arte, così da non lasciare intatto nulla che appartenga alla onestà dei costumi. Ognuno vede quanto tutto questo torni pernicioso, specialmente ai giovani, ai quali l’ardore dell’età rende più difficile la continenza. Siffatti volumi, spesso di piccola mole, sono in vendita a poco prezzo nelle librerie, per le strade e per le piazze delle città, nelle stazioni ferroviarie, libri che vanno per le mani di tutti con meravigliosa rapidità, recando frequentemente nelle famiglie cristiane guasti assai lacrimevoli. Chi non sa che sovreccitano la fantasia, infiammano la più sfrenata libidine e trascinano il cuore nel lezzo d’ogni turpitudine?
Né si obbietterà che in molti di questi libri è veramente da lodarsi lo splendore e il pregio dello stile, che vi si insegna egregiamente la psicologia conforme a moderni trovati, che le voluttuose soddisfazioni del corpo vengono riprovate per ciò stesso che sono espresse nella loro reale bruttezza, oppure perché sono presentate talvolta congiunte coi rimorsi della coscienza, od anche perché è messo in evidenza quanto spesso i piaceri turpi sogliano terminare col dolore e il pentimento. Dato che grande è la fragilità della natura umana, decaduta, e grande la tendenza ai piaceri sensuali, né eleganza di linguaggio, né nozioni di medicina o di filosofia, se pur si dànno in siffatta letteratura, né l’intenzione, quale essa sia, degli autori, possono impedire che i lettori, presi dalle voluttà di pagine immonde, non restino a poco a poco pervertiti nella mente e depravati nel cuore, finché, lasciando libero il freno ai malvagi impulsi, cadano in ogni specie di delitti e, stanchi di una vita di turpitudini, non di rado giungano a suicidarsi.
Del resto non fa meraviglia che il mondo, cercatore come è di se stesso fino al disprezzo di Dio, si diletti di questi libri; ma è assai doloroso che a sì contagiosa letteratura prestino la loro opera e s’impegnino scrittori, che pur si vantano del nome cristiano.
Non pochi scrittori sono giunti a tanto di audacia e di sfrontatezza da divulgare con i loro libri quegli stessi vizi che l’Apostolo vietò ai cristiani perfino di nominare: «La fornicazione ed ogni immondezza… nemmeno si nomini tra voi, come conviene ai santi» (Ef 5,3). Sappiano dunque costoro una buona volta che non possono servire a due padroni, a Dio e alla libidine, alla religione ed all’impudicizia. «Chi non è con me — dice Gesù Signore — è contro di me» (Mt 12,30). E, non sono certo con Gesù Cristo quegli scrittori che con turpi descrizioni depravano il buon costume, fondamento inconcusso della società domestica e civile.
Atteso dunque il dilagare della letteratura sensuale, che ogni anno va sempre più inondando quasi tutte le nazioni, questa Suprema Sacra Congregazione del Sant’Offizio, cui spetta la tutela della fede e della morale, con l’Autorità Apostolica e a nome del Santo Padre, prescrive a tutti gli ordinari di fare il possibile per rimediare a tanto e sì urgente male.
Infatti spetta a loro, costituiti pastori nella Chiesa di Dio dallo Spirito Santo, vigilare con solerte diligenza su quanto si stampa e si pubblica nelle rispettive diocesi. È certamente noto a tutti che il numero dei libri sparsi oggi dovunque è così grande, che è impossibile alla Santa Sede esaminarli tutti. Perciò Pio X di s. m. nel Motu proprio Sacrorum Antistitum dispose quanto segue: “Se nelle vostre diocesi corrono libri perniciosi, adoperatevi con fortezza a sbandirli, facendo anche uso di solenni condanne. Benché questa Sede Apostolica ponga ogni opera nel togliere di mezzo siffatti scritti, tanto oggimai ne è cresciuto il numero, che a condannarli tutti non bastano le forze. Quindi accade che la medicina giunga talora troppo tardi, quando cioè pel troppo attendere il male ha già preso piede”.
Né inoltre la maggior parte di tali volumi ed opuscoli, quantunque dannosissimi, possono essere colpiti con speciale censura dalla Suprema Congregazione. Perciò gli ordinari, a norma del can. 1397, par. 4 del C. D. C., direttamente o per mezzo dei Consigli di Vigilanza, istituiti dallo stesso Pio X con l’enciclica Pascendi, cerchino di compiere questo gravissimo dovere con ogni premura e cura, né omettano di denunziare opportunamente questi libri, come condannati e sommamente nocivi, nei Bollettini diocesani.
Di più, chi ignora che la Chiesa con legge generale ha già stabilito che i libri cattivi, che gravemente e appositamente offendono la morale, debbano ritenersi tutti vietati come se fossero posti all’Indice dei libri proibiti? Ne consegue che commettono peccato mortale coloro che senza il dovuto permesso leggono un libro evidentemente osceno, anche se non sia stato nominatamente condannato dall’autorità ecclesiastica. E poiché in questa materia, certo di grandissima importanza, corrono tra i cristiani false e pericolose opinioni, gli ordinari procurino con pastorali ammonizioni di richiamarvi l’attenzione sopratutto dei parroci e dei loro coadiutori, e di istruire opportunamente i fedeli.
Inoltre gli ordinari non dimentichino di dichiarare, secondo le necessità delle singole diocesi, quali libri nominatamente siano di loro natura proibiti. Che se, per tenere lontani i fedeli dalla lettura di qualche libro con più efficacia e celerità, lo condannano con decreto particolare: conviene del tutto l’uso di questo loro diritto, come nelle cause di maggiore importanza suol fare la S. Sede, secondo il prescritto del can. 1395, § 1 del C.D.C.: “È diritto e dovere dell’autorità suprema per la Chiesa e dei Concilii particolari e dei Vescovi per i loro sudditi proibire per giusta causa dei libri”.
Infine questa Suprema Sacra Congregazione dispone che tutti gli arcivescovi, vescovi e gli altri ordinari, in occasione della Relazione diocesana, riferiscano al Sant’Uffizio quanto hanno stabilito ed eseguito contro i libri immorali.

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