2018 Comunicati  13 / 09 / 2018

“Esiste il pericolo di un “tradizionalismo” gay friendly?”

Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza41580180_10214864004811530_6690374336273973248_o

Segnalazione: “Esiste il pericolo di un “tradizionalismo” gay friendly?”

Dal sito www.sodalitium.it: “Riportiamo un’importante recensione al libro “La vergogna della tradizione” di don Francesco Ricossa pubblicata dall’agenzia “Corrispondenza Romana”, a firma di Emmanuele Barbieri. Pur essendo reciproca la “non condivisione delle posizioni teologiche ed ecclesiologhe”, la recensione di C.R. coglie nel segno il contenuto e il motivo del libro, sgretolando il muro di silenzio che regnava attorno alla grave questione. Buona lettura.”

radiospada-tradizione-baroncorvo-donricossa-fumagalliEsiste il pericolo di un “tradizionalismo” gay friendly?

(di Emmanuele Barbieri) Dopo la coraggiosa e impressionante testimonianza dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, sembra che un vaso di Pandora si stia scoperchiando. La diffusione dell’omosessualità e della pedofilia all’interno del mondo cattolico è un fenomeno vasto e ramificato, che non risparmia il collegio cardinalizio, le cattedre episcopali, i seminari, le parrocchie e le istituzioni laicali.
Ma ciò che appare più grave è l’humus in cui il vizio contro-natura si sviluppa: un’atmosfera che gli studiosi del fenomeno, come il padre Dariusz Oko, definiscono atteggiamento gay-friendly. L’atteggiamento ambiguo di chi, pur non praticando la sodomia, nutre sentimenti di simpatia, o quanto meno di indulgenza, verso di essa e subisce l’influenza degli omosessuali, considerate persone eccentriche, ma brillanti e fascinose.
Quali sono le radici culturali e morali di questo filo o cripto-omosessualismo, diffuso in maniera trasversale in diversi ambienti cattolici? Nel caso dei modernisti è evidentemente la negazione del valore assoluto dei princìpi morali; nel caso di conservatori o tradizionalisti è spesso un approccio letterario ed estetizzante alla tradizione.
Un utile contributo alla comprensione di questo fenomeno ci viene dallo studio, appena pubblicato, di don Francesco Ricossa, dal titolo La vergogna della tradizione (Centro Sodalitium, Verrua Savoia 2018, 176 pagine). Don Ricossa è conosciuto per essere il principale esponente del “sedevacantismo” italiano, che si riconosce nella cosiddetta “tesi di Cassiciacum” elaborata dal padre Guérard de Lauriers (1898-1988). Noi non condividiamo queste posizioni teologiche ed ecclesiologiche, ma dobbiamo riconoscere che lo studio di don Ricossa individua, attraverso una documentazione inoppugnabile, l’esistenza di un filone culturale gay-friendly che esercita purtroppo una forte influenza su molti giovani tradizionalisti, non solo italiani.
Nello specifico, l’autore de La vergogna della tradizione mette a nudo le profonde contraddizioni interne al sito e alla casa editrice Radio Spada, una associazione che al suo nascere, tra il 2012 e il 2013, si era posta l’ambizioso programma di «rinnovare il mondo ‘tradizionalista’ ‘in uscita’ dagli angusti spazi finora occupati».
Nell’introduzione del suo studio, don Ricossa tiene a precisare come la sua critica, da intendersi come evangelica “correzione fraterna”, sia diretta, non ai singoli autori degli articoli, libri o interventi (alcuni dei quali sono suoi ex discepoli), «quanto piuttosto a Radio Spada stessa, come associazione e come mentalità».
Una mentalità a dir poco ambigua, che ha portato l’associazione a promuovere sul proprio sito web e sulla propria pagina Facebook discutibili scritti sull’estetismo, la pittura preraffaellita o la letteratura inglese, presentati in maniera quanto meno azzardata come inappuntabili testi per la formazione del militante cattolico.
Da parte nostra dobbiamo precisare che non vogliamo coinvolgere nella critica tutti i collaboratori e gli articoli di Radio Spada, ma è proprio l’apprezzamento per alcuni di loro che ci spinge a condividere le preoccupazioni di don Ricossa.
Non è qui possibile passare in rassegna tutto il suo libro, denso di nomi, fatti, citazioni e note storiche, ma si può certamente sottolineare come esso metta bene in luce l’esistenza di un chiaro filo rosso, intessuto di estetismo, omosessualismo, esoterismo e occultismo, che lega molte figure presentate dalle pagine culturali di Radio Spada: da Fredrick Rolfe, “Baron Corvo” (1860-1913), figura centrale del gruppo, assieme ad Oscar Wilde (1854-1909), fino a tanti altri personaggi, più o meno noti, come John Addington Symonds (1840-1892), Marc André Raffalovich (1864-1934), John Gray (1866-1934), Robert Ross (1869-1918), Lionel Johnson (1867-1902), Alfred Douglas, (1870-1910), Aubrey Beardsley (1872-1898), Montague Summers (1880-1948), Ronald Firbank (1886-1926).
Non solo si tratta di autori tutti omosessuali, ma la loro omosessualità viene presentata con benevola condiscendenza, appunto gay friendly, come nel caso di un articolo dedicato a Gray da uno dei co-fondatori di Radio Spada, Luca Fumagalli, con il titolo John Gray, l’esteta che divenne sacerdote (https://www.radiospada.org/2016/09/john-gray-lesteta-omosessuale-che-divenne-sacerdote/)
La storia dello studio La vergogna della tradizione – spiega don Ricossa – inizia nel 2014, quando gli venne recapitato il libro di Luca Fumagalli, Robert Hugh Benson. Sacerdote, scrittore, apologeta, al quale faranno seguito altri tre libri, sempre a firma di Fumagalli, dello stesso tenore culturale: nel 2015, il saggio L’ombra delle mosche. Introduzione alla narrativa di William Golding; nel 2016, l’antologia Robert Hugh Benson. Dal ‘Trionfo del Re’ al ‘Padrone del mondo’; e infine, nel 2017, Baron Corvo. Il viaggio sentimentale di Frederick Rolfe.
Ed è proprio quest’ultima biografia, dedicata al discusso scrittore inglese, autore di due romanzi, Adriano VII e Il Desiderio e la Ricerca del Tutto, firmati con lo pseudonimo di Baron Corvo, a far traboccare il vaso ormai colmo, persuadendo don Ricossa a decidersi di mettere in guardia gli ignari seguaci cattolici di Radio Spada circa le poco ortodosse letture da questa proposte.
A riguardo, sulla quarta di copertina, l’autore riporta l’emblematico commento che, di Frederick Rolfe alias Baron Corvo, traccia lo studioso di letteratura inglese Ellis Hanson in Decadence and Catholicism: «La sua sensibilità letteraria era una mistura di estetismo, pederastia e cattolicesimo».
Come possono un sito web e una casa editrice, che si dichiarano cattolici «tutti d’un pezzo», promuovere e proporre ai propri fedeli lettori come «cattolico integrale» un personaggio, quantomeno controverso, come il poeta, notoriamente omosessuale, Frederick Rolfe che il celebre critico letterario Mario Praz (1896-1982) non esitò a definire un «losco accaparratore di minorenni»?
Nato in una famiglia protestante, dopo essersi convertito a ventisei anni dall’anglicanesimo al cattolicesimo, Rolfe trascorse una vita segnata da un perenne sentimento di amore/odio nei confronti della Chiesa cattolica, un conflitto che risaliva al 1890, quando il giovane Frederick venne espulso dal collegio cattolico di Oscott, in Scozia, per la sua condotta stravagante e sregolata chiaramente conseguente alle sue irrefrenabili tendenze omosessuali.
Il suo biografo Alphonse James Albert Symons (1900-1941), nel libro Alla ricerca del Baron Corvo sottolinea come la sua vocazione sacerdotale (fortunatamente mai realizzata) fosse probabilmente “viziata” da queste torbide inclinazioni sessuali: «Rolfe… aveva cercato di diventare sacerdote. Quest’ultimo fatto era certo più insolito; ma non era poi così sorprendente se si considera che un uomo in cui la natura non ha posto l’amore per la donna è più incline degli altri ad abbracciare una carriera che imponga il celibato».
Se vi è dunque un elemento che caratterizza la figura di Baron Corvo è proprio una incorreggibile inclinazione alla pederastia, da lui stesso esplicitamente espressa, in termini crudi ed irriferibili, nel libro Lettere veneziane. In queste 23 lettere e due telegrammi, indirizzati tra il 1909 e il 1910 al suo amico inglese, omosessuale, Charles Masson Fox, Baron Corvo, non risparmia alcun dettaglio, illustrando le «qualità» omoerotiche dei giovani gondolieri veneziani, in particolare dei suoi tre preferiti: Zildo Vianello, Carlo Caenazzo e Piero Venerando.
Frederick Rolfe morì di infarto nella notte del 25 ottobre 1913 in una camera d’albergo di Venezia. Il console inglese Gerard Campbell trovò, «inorridito», nella camera del defunto «lettere, disegni e agende che sarebbero bastati a provocare cento scandali (…) biglietti ricattatori e fotografie che svelavano le innaturali inclinazioni dello scrittore». D’altra parte, è sufficiente digitare su Google il nome di Frederick Rolfe per imbattersi in tutta una serie di testi che bollano, inconfutabilmente, il personaggio: la pagina a lui dedicata su WikiPink, la Wikipedia gay (http://www.wikipink.org/index.php/Frederick_Rolfe); un articolo del sito linkiesta.it dal titolo Frederick Rolfe, memoria dei gondolieri di Baron Corvo categorizzato come “Letteratura gay veneziana” (https://www.linkiesta.it/it/article/2013/11/23/frederick-rolfe-memoria-dei-gondolieri-di-baron-corvo/17933/); la pagina che a Baron Corvo riserva lo storico gay Giovanni Dall’Orto, intitolata emblematicamente “Marchette in gondola”. Il turismo omosessuale d’inizio Novecento nelle lettere di Frederick Rolfe (1860-1913)http://www.giovannidallorto.com/saggistoria/rolfe/rolfe.html.
Di fronte a tutto ciò appaiono alquanto incomprensibili le parole con le quali il presidente di Radio Spada, Piergiorgio Seveso, definisce Baron Corvo: «coraggioso e tormentato convertito che ha rinunziato a tutto per amore del Papato romano e della Chiesa cattolica (…) scrittore che seppe unire profonda erudizione, passione medioevalistica e uno spiccato gusto per la costruzione fantastica ed estetizzante del racconto». Per questo, continua Seveso, le sue opere andrebbe conosciute e diffuse in quanto «sempre interessanti, spesso edificanti, talvolta monumentali e in gran parte sconosciute al pubblico di lingua italiana».
Baron Corvo rappresenta, tuttavia, solo la punta di un profondo iceberg sotto il quale si cela una vera e propria linea culturale volta a celebrare quel gruppo di artisti inglesi dell’ultima parte dell’epoca vittoriana che subirono il fascino e l’attrazione del cattolicesimo, mossi più dal loro culto estetizzante della bellezza che da una reale e concreta conversione personale.
Accanto a Frederick Rolfe, nota don Ricossa, sulle colonne di Radio Spada viene infatti sdoganato e propinato all’incauto lettore quel filone culturale del decadentismo inglese a cavallo tra il XIX e il XX secolo che, per la sua natura profondamente immorale, ha ben poco a che spartire con l’insegnamento cattolico: «Tra gli autori presentati via via ai lettori – scrive don Ricossa – vi sono punti comuni tali che si può parlare di una vera e propria strategia intellettuale per iniziare i lettori ad aderire ad una mentalità, che (…), non solo è estranea al cattolicesimo integrale (…) ma è (…) oggettivamente inconciliabile con la morale cattolica».
Una paradossale contraddizione in termini, resa ancora più evidente dal fatto che gli autori e le opere promosse da Radio Spada sono orgogliosamente rivendicate dallo stesso movimento LGBT e fanno parte a tutti gli effetti di quella che viene definita “cultura gay”.
Non sarebbe, piuttosto, il caso che un sito e una casa editrice di dichiarato orientamento “cattolico integrale”, malgrado le loro peculiari passioni letterarie, stendessero un prudente velo pietoso su personaggi della razza di Baron Corvo la cui vita fu contrassegnata da un cattolicesimo tutt’altro che reale e coerente? A maggior ragione appare fuori luogo “flirtare” con tali equivoci personaggi, in un momento storico in cui l’ideologia LGBT sferra il suo attacco finale, conquistando spazi sempre più ampi perfino all’interno della Chiesa cattolica, minacciata al suo interno da una dilagante omoeresia.
Per aver denunciato questa “temeraria” operazione culturale, don Francesco Ricossa è stato definito da Radio Spada «lapidatore incallito dalla pessima mira». A noi sembra invece che, in questo caso, abbia ben centrato il bersaglio. La sua indagine va al di là di una polemica personale, ma fa luce su di un ambiente tradizionalista che corre il rischio di inserirsi nella cultura gay-friendly, rendendosi oggettivamente complice della deriva morale oggi in atto. (Emmanuele Barbieri)

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