2020 Comunicati  22 / 06 / 2020

1945: i Veneti contro gli occupanti Inglesi

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Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 63/20 del 22 giugno 2020, San Paolino da Nola

1945: i Veneti contro gli occupanti Inglesi

Il popolo veneto si distinse, come tutte le popolazioni della Penisola, prima per le insorgenze antigiacobine e antinapoleoniche e poi per l’opposizione all’annessione allo stato italiano. Anche nel 1945 le cose non andarono bene per gli occupanti Inglesi. Gli stessi Inglesi, principalmente massoni e protestanti, che finanziarono il “risorgimento” (i cui “eroi” sono patrimonio comune delle sinistre e delle destre italiane) per colpire la Chiesa cattolica e il Papato.

Gremmo: “La rivolta del popolo veneto nel ’45 contro gli inglesi, la guerra che nessuno racconta”

di Roberto Gremmo – Nel 1945 appena finita la guerra, il popolo Veneto si ribellava all’occupazione straniera e manifestava la propria rabbia contro le truppe Alleate (inglesi polacchi e americani) che, sconfitti i tedeschi, trattavano la nostra Gente come degli schiavi.

Le proteste e gli scontri erano iniziati in piena estate a Mestre dopo un violento litigio senza vera ragione fra giovani del luogo e soldati inglesi.

La scazzottatura aveva coinvolto più di cinquecento persone ed accadde davvero di tutto finché l’intervento della polizia italiana sembrava riportare la calma.

Invece erano ripresi gli scontri perché quando i soldati alleati tornavano a provocare ed insultare i civili erano subito stati bloccati da oltre un migliaio di persone che lanciarono dei sassi, denudarono una donna trovata a braccetto d’un inglese e picchiarono sodo. Poi nel rione popolare di Barche furono presi a pietrate anche i poliziotti italiani che reagirono sparando e ferendo diverse persone mentre, preso dal panico, l’autista d’un camion alleato fuggiva col suo automezzo investendo una donna, morta sul colpo. Solo a tarda sera la polizia italiana riuscì a disperdere i dimostranti ma quando degli agenti britannici fermarono due giovani una folla minacciosa impose la loro liberazione. Benché fosse tornato l’ordine, “permase fermento specie nell’ambiente operaio”.

Incapaci di comprendere le vere ragioni di disagio che spingevano i popolani veneti ad opporsi alle truppe straniere, i giornali ridussero gli scontri a semplici intemperanze di esagitati, causate da “questioni di donne” mentre il forte risentimento popolare derivava dalle continue pretese degli occupanti, “dalle requisizioni di alloggi privati dagli stessi praticata” e soprattutto dalle loro prepotenze che sembravano non finire mai.

La sera del 2 novembre 1946 a Thiene alcuni soldati inglesi della scuola di polizia “resisi alticci per molti liquori bevuti” provocarono gli avventori di un caffé mettendosi a cantare a squarciagola la celebre canzone tedesca “Lilì Marlène” suscitando le proteste di un gruppo di giovani e dando inizio alla solita rissa che venne ripetuta la sera successiva quando, oltre ad attaccar briga, i militari alleati presero a pugni “senza alcun motivo” un ignaro contadino.

A quel punto il Sindaco, il segretario comunale ed il maresciallo dei Carabinieri si recarono a protestare al comando inglese ottenendo formale assicurazione che sarebbero stati puniti i colpevoli.

Erano solo chiacchiere ed i notabili cittadini sapevano benissimo che il loro pellegrinaggio non sarebbe servito a nulla.

Però gli scontri lasciarono il segno perché a Thiene venne affisso un manifesto clandestino siglato da un fantomatico “Comitato di Salute Pubblica” ma scritto in uno stile che rivelava chiaramente la spontaneità del gesto e l’estrazione rudemente popolana dei suoi anonimi compilatori, ammonendo gli Inglesi “che la loro tracotanza in questa terra di gloriose gesta è nocivamente anacronistica”.

La sera dell’11 dicembre 1946 sempre in una Venezia sotto tensione, un ufficiale inglese armato di pistola con l’aiuto di due agenti della polizia militare pretese, senza averne diritto, di perquisire gli operai portuali che tornavano dal lavoro, insultandoli e maltrattandoli. Sentendosi minacciati, i lavoratori chiesero aiuto a due poliziotti italiani ma l’ufficiale britannico ormai fuori di sé aggredì verbalmente anche loro e poi, non contento, brandendo una pistola, fece allontanare alcune pattuglie italiane e delle guardie portuali in regolare servizio.

Com’era prevedibile, qualche giorno dopo, nella vicina cittadina di Mira la gente reagì a muso duro quando alcuni soldati inglesi fecero come al solito i gradassi con gli operai della fabbrica “Mira Lanza”, spaccando i vetri d’una sala da ballo e danneggiando le porte di parecchie case.

I soldati alleati iniziarono a sparare in aria e spalleggiati da diversi prigionieri tedeschi al loro servizio percorsero le strade minacciando la gente e poi “bastonarono alcuni cittadini senza ragione e ne gettarono nel canale “Brenta” con tutte le biciclette su cui erano montati”. Gli italiani feriti furono cinque ma anche qualche inglese riportò “leggere contusioni”.

Le rivolte popolari venete contro gli occupanti stranieri accolti come ‘liberatori’ sono un episodio di storia nostra dimenticato dagli storici di regime.

Eppure all’epoca avevano riempito le cronache dei giornali.

Qualche giorno dopo Natale del 1946, prendendo spunto dai fatti di Mira, sul quotidiano “Tempo” di Roma il giovane cronista di simpatie socialiste Ugo Zatterin descrisse lo sconcerto di “questi veneti di campagna. Educati, miti, timidi, quasi ossequienti della legge” alle prese con “soldati inglesi [che] erano diventati troppo lesti di mano da qualche tempo, che insultavano con facilità gli italiani, che insomma non volevano più essere amici come prima”.

Già l’11 dicembre il centro della città di Padova era stato al centro degli scontri più duri, iniziati dopo un grave incidente stradale provocato da un’autovettura alleata che aveva fatto irruzione a velocità folle in un incrocio, ferendo un vigile urbano, investendo un motociclista ed un ciclista, sbandando e finendo a cozzare contro lo storico caffé Pedrocchi.

A quel punto, una folla esasperata si era gettata sull’autista, iniziando a picchiarlo selvaggiamente “fino a ridurlo in condizioni pietose” e solo l’intervento d’una pattuglia della polizia alleata riusciva a fatica a sottrarlo al linciaggio.

Sembrava tutto finito ed invece un capitano inglese pare avesse “pronunziato parole ostili agli italiani” o, almeno, questo disse il passa parola della gente ed allora un giovane decise d’affrontarlo. Iniziò “un pugilato vero e proprio” che si concluse con l’umiliante sconfitta dell’ufficiale alleato che dovette darsela a gambe “sanguinante al viso e senza calzoni”. Fecero una brutta fine anche gli uomini d’una incauta pattuglia inglese che su una camionetta cercavano di passare fra la folla perché vennero disarmati e costretti a scappare, malgrado maneggiassero provocatoriamente delle lunghe aste di legno. L’intera città si trasformò in un vero e proprio campo di battaglia; venne saccheggiato un camion degli alleati e furono rovesciate e bruciate una cinquantina delle loro auto; il traffico fu interrotto e tutte le strade sbarrate da poliziotti italiani armati e con tanto di manganelli.

Non servì a niente, perché dappertutto “Oratori improvvisati” si trasformarono in barricadieri capipopolo ed “arringa[vano] la folla stigmatizzando i gesti inconsulti degli autisti alleati che miet(eva)no vittime innocenti tutti i giorni” mentre una massa di gente arrabbiata manifestava tutto il proprio disagio di fronte al palazzo del comando alleato.

Solo a tarda sera le proteste rientrarono in centro città ma gli inglesi continuarono a minacciare i cittadini nei quartieri popolari di periferia sparando contro la folla e ferendo tre persone.

La gazzarra degli occupanti lasciò un segno profondo in tutta Padova dove il giorno seguente parecchi giovani sfilarono “al canto di inni patriottici”.

Gli incidenti patavini ebbero un forte eco anche a Roma dove De Gasperi ricevette subito una delegazione di deputati veneti, scesi in massa a protestare per le violenze alleate, assicurando “di avere già conferito del fatto con l’ammiraglio Stone tutelando gli interessi italiani”.

Servì a poco.

Ancora a Padova, la sera del 26 dicembre e la notte successiva, inglesi ubriachi continuarono a minacciare i cittadini, danneggiare le case, provocare i poliziotti italiani.

Malgrado le rassicurazioni di De Gasperi crebbe fra la gente comune la voglia di sbarazzarsi di quegli occupanti sempre più violenti e pericolosi.

Nell’inverno del 1947 a Vicenza spuntò ancora un fantomatico “Movimento Antistraniero Italiano” che inondò la città di manifestini contro gli alleati sostenendo “che l’aureola di “liberatori” che li circondava, altro non era che ipocrisia, frutto di propaganda falsa e bugiarda, articoli da esportazione” e decretando “la lotta senza quartiere contro gli stranieri nemici della Patria nostra”.

Non risulta che il misterioso ed inafferrabile organismo abbia promosso una qualche attività.

Anche perché, almeno ufficialmente, le truppe alleate erano ormai in procinto di lasciare l’Italia, con legittimo sollievo della Gente Veneta; una popolazione martoriata dalla loro, vera e propria anche se non dichiarata ‘guerra ai civili’.

https://www.lanuovapadania.it/cultura/gremmo-la-rivolta-del-popolo-veneto-nel-45-contro-gli-inglesi-la-guerra-che-nessuno-racconta/

Segnaliamo il libro di Roberto Gremmo, Le “marocchinate”, gli Alleati e la guerra ai civili. Le vittime dell’occupazione militare straniera nell’Italia liberata (1943-1947), Storia Ribelle, 2010 (da richiedere alla libreria Ieri e Oggi di Biella, telefono 015.351006).

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